Come riconoscere i propri errori di vendita e farne tesoro per il futuro.
Come possessore di una chitarra acustica Ero Ranger 12 EL del 1982, faccio parte del gruppo Facebook “Eko Ranger”
Un ritrovo fondamentale per noi appassionati di questo specifico modello di chitarra della gloriosa Eko di Recanati.
Come spesso capita nei gruppi di appassionati e collezionisti, anche in questo ogni tanto qualcuno pubblica un post alla ricerca di questo o quel pezzo di ricambio per “sistemare” la propria chitarra.
Chitarra spesso e volentieri “acciaccata” dal trascorrere del tempo ma, pur sempre uno strumento valido per noi chitarristi “vintage”.
Se non altro dal punto di vista affettivo.
Trattandosi però di modelli prodotti tra gli anni ’60 e gli anni ’80 del secolo scorso, non sempre è facile reperire quello che si cerca.
E quando lo si trova, si è anche disposti a pagare una follia (in senso metaforico) per un manico in buono stato, un battipenna originale o meccaniche funzionanti.
Ma anche in un gruppo di appassionati, disposti a fare follie per la propria chitarra, vale sempre la regola aurea del marketing.
Ovvero, che un cliente è disposto ad acquistare solo se ritiene equo lo scambio di valore in relazione al bisogno da soddisfare o al problema da risolvere.
Infatti, come ho già scritto in altri articoli, chi fa marketing deve sempre conoscere il bisogno che il cliente deve soddisfare o il problema che egli deve risolvere, se vuole concludere positivamente una trattativa.
Partendo da questa base, posto che il venditore abbia l’oggetto che fa al caso del cliente, la vendita è pressoché fatta.
Ma solo se non si commettono errori, come quelli che racconto in questo articolo.
I miei errori di vendita da collezionista
Leggendo un post del gruppo FB Eko Ranger, scopro che un possessore di una Ranger 12 nera è alla ricerca di 6 bridge pins (o “piroli” ferma corde) e di una chiave per le meccaniche della paletta.
Senza questi elementi scrive di essere costretto a montare e suonare solo sei corde.
Chi suona la chitarra sa perfettamente quanto sia scomodo suonare con un manico più largo.
Lo accetti, il disagio, se puoi suonare tutte le 12 corde e ottenere la sonorità tipica di questo strumento.
Ma farlo per suonarne solo 6 è come guidare in città una Panda 4×4 prima serie, quella senza servosterzo.
Parcheggi un po’ dappertutto, è vero. Ma le manovre? Che fatica!
Quindi, leggendo il post nel gruppo e avendo nel mio cassetto dei pezzi di ricambio proprio i 6 “piroli” e una chiave nuova di fabbrica, ho pensato che “potevo fare l’affare”.
Gli elementi per concludere c’erano tutti.
Un collezionista con una chitarra “zoppa” e uno con i pezzi giusti per ridare nuova vita alla Ranger 12.
Vendita conclusa! Sbagliato!
In realtà non è che ero così deciso a privarmi di questi pezzi.
In fondo, non si sa mai, avrebbero potuto farmi comodo per la mia Ranger 12.
Ad ogni modo rispondo al post: “Ho giusto 6 piroli e una chiave per la Ranger 12.”
L’interlocutore scrive con entusiasmo: “Sarebbero perfetti! Li venderesti?”
Ok. Sono in ballo.
Rispondo: “Certamente” (ti ho scritto proprio per vendere del resto).
Ma, come quando giochi con l’ultimo in classifica e tu sei il primo, anche il più classico dei testacoda può trasformarsi in una clamorosa débacle per il più forte sulla carta.
Così, nella fretta di concludere, ho sorvolato sulla parte fondamentale della trattativa: conoscere le reali motivazioni dell’acquirente.
Da collezionista ho infatti ipotizzato che l’altro avrebbe speso qualunque cifra (sempre in senso metaforico) per “ridare valore” alla sua chitarra.
In effetti con soli 6 “piroli” e 11 chiavi non si poteva certo dire che fosse una 12 corde.
In queste condizioni, in caso di vendita dello strumento, avrebbe ricavato un terzo della cifra che abitualmente si può chiedere per questo tipo di chitarra.
Ma con 12 corde e 12 chiavi, la musica sì che poteva cambiare!
Per cui, forte di questa convinzione errata, ho calato l’asso.
Scrivo: “Fammi una proposta di prezzo”.
Giusto per valutare le relative posizioni.
Ricevuta la sua proposta, rilancio con il prezzo che avrei voluto ricavare, concedendogli subito un bonus: “spedizione inclusa”.
Penso: “E’ fatta!”
Risposta: “Grazie, ma passo. Posso offrirti un po’ di più ma non quanto mi chiedi”.
Ok, sta bluffando… scopriamo il gioco.
Rispondo: “Per quella cifra non sono disponibile. Ti invito comunque a riflettere sul valore che ha oggi quella chitarra incompleta e quanto varrebbe completa di tutto.”
Ed ecco la risposta che non mi aspettavo: “Hai ragione Stefano, ma il fatto è che quella chitarra ha il manico reincollato, riparato non so da chi e come, ed è piuttosto vissuta.
Ha crepe sulla vernice ed una ammaccatura riverniciata addirittura a pennello.
L’ho acquistata per usarla con relativa serenità all’aperto con gli amici, non ha senso spenderci troppo né farla tornare perfetta.
Ho già altre due Ranger XII, una delle due è perfetta, revisionata e l’ho acquistata a meno di quanto avrei speso complessivamente per questa nera se pagassi la cifra che mi chiedi per i sei piroli e la chiave.”
Fine della trattativa.
E inizio della riflessione sugli errori di vendita
Alla fine mi sono lasciato un spiraglio aperto, lasciandogli intendere che avrei messo tutto su Ebay e che avrei aspettato qualche giorno nel caso cambiasse idea.
Ma, a parte questo “mezzuccio” da fallo di frustrazione, l’episodio mi ha dato lo spunto per fare un po’ di autocritica e un’analisi degli errori di vendita commessi in questa trattativa.
Primo errore commesso: dare per scontato che i collezionisti ragionino tutti allo stesso modo.
Affrontare la trattativa con un pregiudizio è come guidare la moto con il paraocchi.
Manchi di visione periferica, con tutti i rischi del caso.
Secondo errore: avere fretta di concludere e saltare i “preliminari” a piè pari.
Avrei potuto conoscere prima la storia del mio interlocutore e della sua chitarra e di conseguenza orientare la trattativa.
Terzo: non fare domande per approfondire e capire meglio il reale bisogno del mio interlocutore.
Avrei scoperto che aveva bisogno di una chitarra da “falò sulla spiaggia”, per la quale non avrebbe certo fatto follie.
E mi sarei orientato subito sul prezzo da proporre.
Quarto: “bruciare” subito un bonus di vendita, senza prima attendere la reazione dell’acquirente.
Questa mossa mi ha lasciato privo di altre “munizioni” da sparare per chiudere la trattativa.
A quel punto, o accettavo il suo rilancio o lasciavo la partita. Come ho fatto.
Pillola conclusiva
Il marketing operativo ha le sue regole.
Regole che vanno applicate, sempre, se si vuole realizzare uno scambio di valore in logica “win win”.
E se non si vuole commettere errori di vendita.
Sia che si tratti di vendite “high ticket”, sia che si tratti di pochi euro, come in questo caso.
Prima di andare a consolarmi suonando la mia del 1982, concludo con questa “dotta” citazione di un cantautore che di Eko Ranger 12 ne ha suonate qualcuna.
“Ogni cosa ha il suo prezzo ma nessuno saprà, quanto costa la mia libertà…”
(Edoardo Bennato, Venderò – La torre di Babele, Ricordi 1976)
Credits
La foto di questo articolo:
Dettaglio della mia Eko Renger XII EL del 1982
Richiedimi una consulenza gratuita
Vuoi usufruire di una consulenza gratuita di marketing di un’ora?
Esegui adesso il Check Up di Marketing della tua azienda.
Ti fornirò una valutazione completamente gratuita del tuo marketing operativo e potrai prenotare una Consulenza Gratuita di un’ora direttamente con me.